I mille volti del giornalismo nel mondo arabo

Al Jazira, Al Arabya e giornali egiziani. Tanto noti e citati negli ultimi anni, quanto spesso ignorati nella loro storia e nella loro evoluzione.

Chiarire il percorso di un giornalismo senz’altro diverso, per cultura e per vicende storiche, da quello occidentale, è lo scopo del testo di Augusto Valeriani, Il giornalismo arabo, edizioni Carocci.

Il giornalismo arabo ha una storia strettamente legata all’importanza della lingua araba come principale forma di espressione della cultura.

Nel mondo arabo, la figura del giornalista è infatti legata in maniera molto salda a quella dell’intellettuale e del poeta.

Racconta Valeriani nel suo testo: «Il giornalismo, inteso come circolazione di informazioni riportate da qualcuno, nacque nel mondo arabo pre-islamico, nei cosiddetti “souq”, cioè mercati, cerchi di carovane nel deserto dove i beduini si recavano per vendere le proprie merci. Questi luoghi erano dei veri e propri “mercati dell’informazione”, dove anche gli uomini di lettere si recavano per vendere le proprie poesie e i propri pensieri in cambio di merci. Poesia e informazione si intrecciano dunque fin dalla nascita: storicamente i giornalisti erano uomini di lettere, poeti e scrittori che utilizzavano la lingua araba sia per veicolare emozioni che per favorire la circolazione del proprio pensiero, assai spesso in contrasto con lo “status quo” imposto dal califfo, governatore o sovrano di turno.

Questo stretto legame tra uomini di lettere e giornalisti ha svolto, e svolge tuttora, un ruolo estremamente importante per il peso politico che la stampa araba ha sempre cercato di esercitare in un mondo assai limitato nella libertà d’espressione».

Le popolazioni arabe si sono dovute confrontare con una lunga storia di dominazioni.

A partire dalla nascita del giornalismo in senso moderno, la professione si è sviluppata all’interno di sistemi legislativi e provvedimenti politici il cui principale scopo era quello di limitare la libertà d’espressione, creando un sistema d’informazione fedele agli uomini di governo.

Nei vari stati arabi, si sono sviluppati diversi sistemi politici interni che per la loro rigidità culturale hanno creato non pochi e cruciali problemi riguardo alla libertà editoriale, che ha costituito da sempre nel mondo arabo la questione centrale della stampa fino ad oggi.

I pochi momenti di “creatività giornalistica”, che hanno dato vita alle più importanti iniziative nel mondo arabo, hanno sempre la loro culla a Beirut.

Il Libano e la sua capitale sono da sempre, perfino oggi, il luogo più aperto del mondo arabo. Anche nella devastazione della guerra civile, il giornalismo locale ha sempre saputo produrre testate e cronisti di rispetto e l’unica vera stampa indipendente araba è quella prodotta all’estero, soprattutto a Londra, e che grazie alla lingua comune è diffusa in tutto il Medio Oriente.

In “al-Sharq al-Awsat”, “al-Hayat” e “al-Quds al-Arabi”, che sono i giornali più importanti che si rivolgono a un pubblico panarabo, i lettori trovano le notizie che non possono leggere nella loro stampa nazionale.

Sono non pochi anche gli ostacoli che hanno dovuto superare i sistemi televisivi nazionali, che si sono sviluppati all’interno di situazioni di monopolio statale.

Il nuovo medium è visto da molti leader arabi come uno strumento ideale di sacralizzazione della propria immagine e di mobilitazione delle popolazioni; per altri governi invece costituisce uno strumento di prestigio internazionale.

La televisione, come la radio, è stata vista dai governi arabi come strumento di espansione al di fuori dei confini nazionali.

L’informazione televisiva araba degli anni novanta non era di grande qualità e, con la diffusione della tecnologia satellitare, soprattutto in seguito alla copertura della CNN della Guerra del Golfo del 1991, le popolazioni presero coscienza del livello piuttosto scadente in cui si trovava.

La vera rivoluzione mediatica nel mondo arabo è quella del 1996, quando l’emiro del Qatar investì un’ingente quantità di denaro nella creazione dell’emittente satellitare “all news” Al Jazira.

La nuova televisione, la cui redazione proveniva dal BBC Arabic Service, ebbe subito successo grazie alla professionalità del personale e ai programmi che mirano a presentare opinioni eterogenee.

Da tale momento in poi, tutte le televisioni concorrenti, a partire da Al Arabya, cercheranno di competere con Al Jazira e di copiare i suoi format, particolarmente ben studiati grazie ad uno stile dinamico e ad un largo uso di immagini.

Al Jazira è infatti un modello da imitare ormai per conquistare un elevato audience.

I suoi talk show e i suoi dibattiti televisivi rappresentano non solo un’evoluzione della televisione come medium, ma anche della società araba in generale. Vediamo in proposito alcuni elementi che lo testimoniano: una massiccia presenza di giornaliste, partecipazione di donne con un alto grado d’istruzione, il dialogo su argomenti prima considerati tabù,…

Tuttavia la selezione e la scelta delle notizie dipendono da fattori rigorosamente culturali; ecco perché il giornalismo è considerato un prodotto culturale.

In conclusione, le nuove televisioni satellitari interrompono l’uso prettamente strumentale dei mass-media da parte dei leader politici; infatti, la televisione non è più un mezzo per sostenere o per ingigantire la figura pubblica di chi sta al potere, anzi è il luogo dove questa viene messa in discussione.

Certo, resta il rischio che, essendo governata dalle leggi commerciali, quest’ultimo fattore potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio nel momento in cui i politici al potere se ne rendono conto, perchè potrebbero servirsene rapidamente ostacolando la democratizzazione del Medio Oriente.

Al di là comunque dei pericoli, sempre presenti, possiamo dire che Al Jazira e Al Arabya hanno acquistato, presso il mondo arabo, una grande credibilità, costituendosi così come un’opportunità anche per le diplomazie occidentali, che hanno modo di presentare la propria politica internazionale.

La linea attuale è appunto quella di discutere le proprie idee e le proprie iniziative politiche e, se non si vuole venir meno ai principi diplomatici, non imporle.

Autore: Dr.ssa Ada Fichera

Tratto da: Master in Giornalismo, comunicazione e new media

Dettagli del libro


Il giornalismo arabo

di Augusto Valeriani
Carocci Ed. (2005)
Collana Le Bussole
ISBN 8843032801
Pagine 127