La parola viaggio rimanda alla condizione di chi è sulla “via”, con tutto ciò che questo comporta individualmente e socialmente.
Nell’era attuale della mondializzazione e della comunicazione in tempo reale, “il viaggiare è sempre più un flusso turistico”.
I venti paesi che spendono di più per il turismo sono i paesi OCSE e cosa particolarmente significativa è che l’80-90% dei profitti generati dal settore turistico dei paesi in via di sviluppo ritorna nei paesi industrializzati dove hanno sede le multinazionali che controllano proprio quel tipo di offerta turistica.
Già il filosofo francese Cartesio considerava il viaggio come un’esperienza interculturale in grado di aprire nuovi orizzonti.
Ma se allora solo pochi potevano permettersi un simile tipo di vita, oggi “il viaggiare” è diventato un obbligo di status. La smania di collezionare e consumare mete ha originato la mercificazione del “mordi e fuggi” secondo gli schemi e i media di un turismo di massa, che tende a ledere l’idea stessa del “viaggio”.
Tuttavia, che il turismo sia un’attività di élite o una degradante massificazione consumistica, resta il fatto che l’essere umano si trova di fronte ad un processo di conoscenza e curiosità nel quale possono intrecciarsi intelligenza e goffaggine creando così lo stimolo per una scommessa educativa della responsabilizzazione dell’attività turistica, che sfugga, da una parte al morso dell’industria del turismo mercificato, dall’altra, al concetto di viaggio come qualcosa di rapsodico e casuale.
La metamorfosi di questo processo evolutivo tanto individuale, quanto sociale porta ad una ridefinizione concettuale e senza dubbio assertiva, affermata dalla cosiddetta “Carta sull’etica del Turismo e dell’Ambiente” presentata ufficialmente dall’Alliance Internationale de Tourisme e approvata durante la conferenza per l’ambiente tenutasi nell’aprile del 1992 a Rio de Janeiro.
Riassumendo i fondamentali principi etici in questa contenuti, possiamo affermare che il turismo:
- è un diritto dell’Uomo per salvaguardare le proprie esigenze di svago, di incremento di conoscenze e di necessità di interagire;
- è quindi un fattore di cultura, di pace e di sviluppo;
- è e deve essere un’arricchimento reciproco del patrimonio culturale ed economico dell’essere umano considerato come cittadino del mondo.
Dalla riflessione su quanto esposto nasce quello che potremmo definire il dilemma della sicurezza, sia per quanto riguarda il turista come persona fisica che si reca in uno Stato nel quale egli stesso è considerato “straniero”, sia per quanto concerne la capacità di mantenere un clima di pacifica convivenza fra comunità locale e turisti limitando al massimo i possibili elementi di rottura.
Si tratta in realtà di delineare un codice di comportamento che il turista deve adottare nell’interesse della propria sicurezza, affinché il sogno di una bella vacanza non si trasformi in un evento drammatico.
I fatti di cronaca purtroppo non mancano; d’altra parte non è neppure pensabile dover viaggiare con un codice penale internazionale in tasca.
Ritenendo comunque che il miglior manuale sia quello del “buon senso”, è tuttavia consigliabile seguire le indicazioni date dalle agenzie di viaggi e dalle guide turistiche, che sotto certi aspetti sono molto esaurienti.
E’ corretto in ogni caso fornire, se non un vero e proprio manuale, che implicherebbe un estenuante elenco dei vari paesi con le rispettive caratteristiche e con i relativi parametri di rischio, una serie di principi, di linee guida, per così dire, che siano in grado di aiutare il viaggiatore a metabolizzare i concetti chiave della prevenzione.
Tracceremo una scheda tipo, che ovviamente dovrà essere integrata di volta in volta secondo il tipo di viaggio, non con lo scopo di creare il “manuale del perfetto viaggiatore”, ma con l’obiettivo di sensibilizzare il turista in merito all’apprendimento di una psicologia pratica sulla comprensione dell’elemento rischio e sul relativo feed-back comportamentale.
- “Paese che vai, usanza che trovi”. Significa innanzitutto rispetto per la cultura e le tradizioni locali. Gli occidentali tendono ad essere abbastanza pratici, ma è necessario ricordare che culture diverse dalla nostra, spesso sono molto più ritualistiche e la loro complessità non deve essere sottovalutata. Un’offesa, anche non voluta può costare cara.
- La religione, di qualunque genere sia, è un fattore determinante per molti popoli. Le usanze religiose devono essere accuratamente considerate qualora la nostra meta sia un affascinante “luogo del mistero”; possiamo parlare del Tibet, come di certe zone tribali dell’Africa, dei luoghi sacri degli Indiani d’America o dei suggestivi templi dell’estremo Oriente.
- La diffidenza delle popolazioni locali, che può dare origine anche a fenomeni di violenza, più che essere considerata una forma di criminalità, deve essere interpretata come il diritto alla difesa della propria incolumità. Il turista è sempre e comunque “l’estraneo” che deve essere in grado di farsi accettare “in casa d’altri”.
- La giovialità ed il comportamento particolarmente amichevole del paese ospitante non deve essere mai confuso con l’ingenuità e con la stoltezza. Nessuno ha il diritto di abusare dell’altrui ospitalità. Spesso, nei paesi in via di sviluppo o sottosviluppati, nei quali esiste ancora la “Legge del Clan” o del capo tribù, esistono anche leggi molto più inflessibili delle nostre.
- E’ buona cosa, non fosse altro che per rispetto, chiedere l’autorizzazione a fare fotografie, soprattutto se personali. Fotografare un capo religioso, un guerrigliero, un mercenario o una persona comune non significa “portarsi a casa un trofeo”. La fotografia è sempre il risultato di un’azione che significa “catturare”, “trattenere in modo abusivo”, “togliere in un certo senso la libertà”. E’ in realtà un modo inconscio per “colpire” e questo significato, sia pure con modalità diverse è percepito in tutte le culture. Questo è il motivo per cui una semplice e cortese richiesta è sempre consigliabile.
- In zone di guerra, guerriglia, guerra civile e/o ad alto quoziente di povertà, furti, rapine, scippi, saccheggio e danni alla persona sono da considerarsi eventi purtroppo “normali”. E’ evidente anche la scarsa affidabilità delle forze dell’ordine. Evitare di calarsi nella parte di Indiana Jones è senz’altro un grande segno di intelligenza. Le guide turistiche, in tal senso sono molto esaurienti.
- Nei paesi dove il narco-traffico costituisce un’attività fiorente, l’amicizia con personaggi locali particolarmente potenti può essere molto dannosa. Può accadere che ci sia la necessità di trovare un capro espiatorio e in tal caso, chi meglio dell’ingenuo turista in cerca di avventure può essere miglior soggetto? Si tenga presente che nei casi di sospetta complicità con la criminalità organizzata, qualunque sia il livello di questa, i consolati e gli organi diplomatici possono fare ben poco.
- Il turismo sessuale, che si è sviluppato nelle aree economicamente depresse è stato ben tollerato per diversi anni, poiché, sotto certi aspetti, contribuiva ad incrementare la ricchezza. La prostituzione, ivi compresa quella minorile, che si è verificata, ad esempio, a Cuba o in alcune zone particolarmente sottosviluppate dell’Africa, è diventata un vero e proprio business a carattere internazionale. I regimi stessi, pur vietando apertamente tale tipo di attività, erano disposti a tollerarne l’esistenza in cambio di favori e denaro.Attualmente le leggi sulla prostituzione e sullo sfruttamento minorile sono molto più rigide, sia per motivi socio-politici che per ragioni sanitarie. La “moda” del turismo sessuale sembra aver cambiato percorso. A titolo di esempio si possono citare “La carta del turismo e il Codice del turismo” adottati nel 1985 dall’Organizzazione mondiale del turismo.
Molte altre sono le disposizioni che nel corso degli anni hanno focalizzato in modo sempre maggiore la necessità di debellare questa piaga sociale. Importanti strumenti per il rafforzamento e l’elaborazione dei codici di comportamento e dei meccanismi di auto disciplina sono già da tempo all’esame della Commissione UE, che si è dimostrata favorevole all’assunzione di un pacchetto minimo di impegni da parte dei professionisti del settore, i quali, ispirandosi al più alto rispetto dei diritti umani, possono essere in grado di promuovere in modo concreto le iniziative più opportune per la tutela dei minori e delle persone a rischio.
Può essere utile, ai fini della prevenzione e della sicurezza personale, focalizzare la propria attenzione su semplici azioni della vita quotidiana, come camminare, prendere il treno, l’autobus o la propria vettura, oppure trovarsi in un locale, ad esempio un cinema all’aperto, una discoteca o qualsiasi altro luogo.
E’ evidente che tutto questo non è tipico del turista, ma di qualunque persona ovunque si trovi.
La differenza fondamentale tuttavia, risiede nella nostra capacità attentiva, nel nostro livello di vigilanza.
Sebbene chiunque possa essere aggredito in qualsiasi momento, è certo che la persona che esce dal proprio ufficio con la valigetta “24 ore” piena di documenti, avrà una soglia di attenzione maggiore dello stesso soggetto che esce dalla hall dell’albergo di una meravigliosa isola caraibica nella quale, “finalmente” si trova in vacanza.
Prendere il treno come pendolari mentre ci rechiamo al lavoro, non è come salire su un vagone trainato da una vecchia locomotiva a vapore, che ci porta a visitare i dintorni di Machu Pichu. Nel primo caso, forse possiamo portare anche un bel Rolex al polso; nel secondo, invece, non è sbagliato neppure togliersi la fede matrimoniale.
L’atteggiamento rilassato del clima delle vacanze rende decisamente più vulnerabili sia ad un drink di troppo, sia ai facili entusiasmi che possono condurre ad esperienze poco simpatiche.
Sarebbe il caso di affermare: “Turismo Ok, spensieratezza Ok, ma attenzione e vigilanza Ok! Ok! “.